I FANTAZ SON LAZ IN UERE |
I fantaz son laz in uere,
prin
di duc’ il gno moros;
uei
prea matine e sere
par
che tornin vitorios.
I TUOI CAPELLI SON RICCI E BELLI |
I tuoi capelli son ricci e belli,
sono legati con fili d’oro.
Angelo del cor mio
per te io moro.
Angelo del cor mio
per te io morirò.
O dammi un riccio dei tuoi capelli
perché io li tenga per tua memoria.
Quando sarò sul campo
della vittoria
i
tuoi capelli
sì
sì li bacerò.
IL VENTINOVE LUGLIO Evidentemente agli Alpini non sembrava logico che questo canto, nato prima della guerra 1915-18, terminasse con "per far l'amor di sera ci vuol le ragazzette", quindi se lo sono, per così dire, fatto loro aggiungendo le altre due strofe. |
Il ventinove luglio
quando matura il grano…
È
nata una bambina
con
una rosa in mano…
È
nata una bambina
con
una rosa in mano!…
Non era paesana
e
nemmeno cittadina…
È
nata in quel boschetto
vicino
alla marina…
Vicino
alla marina
e
dov’è più bello stare…
Si
vede i bastimenti
a
navigar sul mare…
Per navigar sul mare
e
ci voglion le barchette!…
Per
far l’amor di sera
ci
vuol le ragazzette…
Le
ragazzette belle
l’amor
non lo san fare!…
Noialtri
“baldi” Alpini
ce
lo faremo fare…
Ce lofaremo fare
e
ce lo faremo sentire…
Sì
che pel piacere
noi le farem svenire!…
IL BATTAGLIONE EDOLO… |
Il battaglione Edolo l’è giunto a Vezza d’Oglio,
all’assalto
disperato saltava nel pollaio.
Bim
bum bom,
le
galline nel saccon.
Se
non ci conoscete guardate le nappine,
noi
siam del battaglione che ruba le galline.
Appena
chiuso il sacco l’Alpino scappa via
e
va all’osteria a spettar la compagnia.
Bim
bum bom,
porta
un liter de chel bon.
E
dopo un po’ di tempo entravano i “cappelloni”,
vedendo
che gli Alpini mangiavano i capponi,
Bim
bum bom,
cappelloni
dietro-front!
Il
battaglione Edolo sta sempre sulle cime
e
quando scende a valle el roba le galline.
Il
parroco di Edolo ha predicato in chiesa:
“Attente
ragazzine che il Quinto Alpin vi frega!”
Una
delle più belle ha dato la risposta:
“Se
il Quinto Alpin ci frega è tutta roba nostra.”
IL COLONNELLO FA L’ADUNATA |
Il colonnello fa l’adunata
negli occhi tutti el ne gà vardà
e
poi gà dito ai veci alpin
di
tener duro n’ha comandà.
I
suoi alpini ghe fa risposta:
“Sior
colonnello se tegnarà”
e
scarpinando sulle montagne
in
prima linea i s’à portà.
E
per do mesi i à tegnù duro
In
mezzo al fredo da far giassar
scoltando
sempre le so’ parole
“sacrificarsi
ma non mollar”.
E
i suoi alpini ghe manda a dire
che
non gli riva né pan né vin.
E
il colonnello gli fa risposta:
“Questo
l’è niente per i veci alpin”.
e
i suoi alpin ghe manda a dire
che
no’ i gà scarpe per camminar.
E
il colonnello gli fa risposta:
“No’
serve scarpe per star là”.
E
i suoi alpini ghe manda a dire
che
dal gran fredo non se pol salvar.
E
il colonnello gli fa risposta:
“Con
la mitraglia ve podè scaldar”.
E
i suoi alpini ghe manda a dire
che
adesso manca le munission.
E
il colonnello gli fa risposta:
“Na
baionetta vale un canon”.
E
i suoi alpini ghe manda a dire
Posta
da casa non i vede arrivar.
E
il colonnello gli fa risposta:
“Il
re vi manda a saludar”.
E
un altro mese ’sti veci alpini
gà
tegnù duro senza mollar.
Ed
ogni giorno i greci tacava
senza
esser boni mai de passar.
E
i suoi alpini ghe manda a dire
che
massa pochi i xè restà.
E
il colonnello va su da loro:
“Niente
paura eccomi qua”.
E
la mattina s’à levà ’l sole
e
le montagne el gà indorà:
il
colonnello coi veci alpini
tuti i era morti, ma i era là.
IL COLONNELLO RONCHI… |
Il colonnello Ronchi l’ha detto: “Son sicuro
di prendere il Cavento”, invece c’è un siluro.
Va là, va là, va là,
anche
questa è la verità.
Il
colonnello Pevvetti ha detto “…Orco…io,
se
mi siluran Ronchi son silurato anch’io!”
Va là, va là, va là,
anche
questa è la verità.
IL FURLAN |
Di chel sanc che àn menat vie
dal
Lusinz al mar lontan,
un
riu lunc par qualchi mie,
l’è
sanc nestri, sanc furlan.
O
furlan, fra tantis penis
pe
famèe, pal tet piardut,
mièz
il sanc das nestris venis
i
gravòns nus àn bevut.
IL LEGIONARIO IN A. O. !… il legionario in africa orientale |
Dall’Africa lontana ove andò volontario
ritorna il Legionario
più
fiero lassù…,
alla
Casetta alpina, fra neve e ghiacciai…:
“se
l’Africa era bella, più bella sei tu!…”
Oh! Legionario ohè!…, ritorna a cantare
la
vecchia Montanara per chi non la sa…
Oh!
Legionario ohè, ritorna a cantare!…
L’Impero
hai conquistato pel Duce, pel Re!
Ripensa
alla sua sposa, ai figli, alla mamma
che
sempre ebbe nel cuore, in guerra, laggiù!…
Ho
fatto il mio dovere mia cara morosa…:
Se
care son le negre, più cara sei tu!…
Oh! Legionario ohè!…, ritorna a cantare
la
vecchia Montanara per chi non la sa…
Oh!
Legionario ohè, ritorna a cantare!…
L’Impero hai conquistato pel Duce, pel Re!
IL MIO BEN… È UN BRAVO ALPINO |
Il mio ben è un bravo alpino,
il
più bel della vallata.
Quando
vien a me vicino
il
mio cuor fa palpitar.
Io vorrei mi stringesse forte a sé
sussurando: “Sei il mio tesor!”.
Ma
il mio alpin par che nulla veda in me…
Mi
sorride… e se ne va!
Non
so più frenare il pianto:
il
mio bene parte pel fronte!
Non
saprà che l’amo tanto,
non
saprà del mio dolor!
I capelli mi sento accarezzar:
“Perché
piangi, o mio bel fior?
Il
tuo alpino non se ne vuole andar
senza dirti: “Sei il mio tesor!”.
IL MIO BENE L’È ANDÀ VIA |
Il mio bene l’è andà via,
chissà
quando ritornerà.
Tornerà
’sta primavera
colla
sciabola insanguinata.
Se
la trova già maritata
oi
che pena, oi che dolor.
Oi
che pena, oi che dolore,
brutta
vita far l’amore.
Starò
piuttosto senza mangiare
ma
l’amore non voglio fa.
Voglio
farmi monachella
che
nell’amore non ho fortuna.
Voglio
prendere una corona
giorno
e notte voglio pregà.
Vo
a pregar mattina e sera
fin
che torna la primavera.
La
primavera l’è già tornata
ma il mio bene non torna più.
IL NONNO SI SPOSÒ |
Un giorno fu fondato
il
Corpo degli Alpini;
mio
nonno allor
vi
si arruolò,
ed
in Piemonte andò.
Col
suo cappello duro
ed
i baffoni al vento
salì
il Monviso,
il
Paradiso,
il
Bianco ed il Cervin.
Oh, oh… Oh, oh!
“Cèrea,
bela totina!”
Fu
lì, fu allor
che
il nonno si sposò!
Vent’anni
dopo il babbo
è
alpino in Lombardia;
da
buon soldà
porta
sui prà
la
bela Gogogin!
L’aria
dell’Ortigara
gli
fè cambià colore;
ma
per fortuna
con
la sua ghirba
a
casa ritornò.
Oh, oh… Oh, oh!
“Però
che bela tusa!”
Fu
lì, fu allor
che
il babbo si sposò!
Ho
fatto anch’io l’alpino
sui
monti del Trentino.
Salii
di qua,
montai
più su
sul
Brenta e il Gran Zebrù.
Due
volte richiamato
conobbi
pur le Ambe,
l’aspro
deserto,
la
steppa russa,
la
Grecia… e vivo ancor!
Oh, oh… Oh, oh!
“Dov’è
la mia putela?”
Oh,
oh… Oh, oh!
Anch’io
mi sposerò!
Eccola,
bionda e bella,
lì,
presso la fontana…
Col
batticuor
le
chiedo: “Allor,
non
ti ricordi più?”.
Sospira
la morosa,
che
un dì m’amava tanto:
ha
già marito
e
tre bambini…
No,
non si può sposar!
Oh, oh… Oh, oh!
Che
bello far la guerra…
Oh,
oh… Oh, oh!
che
tutto fa cambiar!
IL SILENZIO |
Brutta cappella, va in branda
va
a dormir, e va a dormir,
mentre
l’anziano ’l va fora
a
divertis, a divertiss.
Non
t’arrabbiare che i mesi
passano…
la finirà,
i
giorni volano… la finirà,
anche
per te… la finirà.
Cara
cappella dovrai ancor
patir,
ma
adesso per ora tu cerca di
dormir,
che
quando anziano lo sarai
pur
tu,
non ci potrai scordare mai più.
IL SOLDATO FUCILATO |
La dolorosa istoria
che
vò contarvi or ora
è
storia che addolora
la
vita militar..
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Il
povero soldato
fu
condannato a morte
lontan
dalla consorte
vicino
al Colonel!
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
La
moglie quando il seppe
n’ebbe
gran dispiacere
e
corse dal furiere
la
grazia ad implorar!
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
La
pratica trasmessa
segue
la gerarchia
e
dalla fureria
passa
in maggiorità.
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Giunto
il fatal mattino
per
esser fucilato,
egli
si dà malato
e
dice che non può!
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Tosto
gli palpa il polso
il
militar dottore
e
dice: “Il tuo malore
son
tutte falsità!”
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Il
Colonel vestito
impugna
la sua spada
e
dice: “Che si vada
a
morte fucilar!”
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Passano via i soldati
in
fila, derelitti,
coi
lor fucili dritti
facevano
pietà!
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Sopra
una sedia è posto
il
militar soldato
dal
prete confessato,
l’assiste
il caporal.
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Gli
schioppi fan lo sparo,
il
militar si cade
e
tutto il sangue invade
la
tunica e il cheppì.
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
Tosto
la grazia arriva
e
il militar contento
ritorna
al suo Reggimento
a
fare il suo dover.
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
La
dolorosa istoria
che
vi ho testè narrata
un
soldo è valutata
me
vale assai di più.
Ohimè! Ohimè!
Ciombola-lila-leilila
ciombola-lila-lelila
ciombola-lila-leilila-là.
IL TESTAMENTO DEL CAPITANO Nei "canti popolari del piemonte" di Costantino Nigra, pubblicati nel 1888 da Ermanno Loetscher - Torino, appare la prima versione conosciuta del "testamento del marchese di Saluzzo". La canzone è nata per la morte del marchese Michele Antonio di Saluzzo, avvenuta in Napoli nel 1528. Con soventi successive varianti, il "Tesamento" si tramandò fino ai nostri giorni. Interessante è che il colonnello garibaldino Nepomuceno Bolognini, già nel 1886, comprese una versione grottesca di questa canzone fra quelle da lui considerate originarie del Trentino o che possono essere ritenute come tali, e da lui raccolte per le sue note "Usi e costumi del Trentino" che pubblicava nell'annuario della soc. Alpinisti Tridentini. Gli Alpini della guerra 1915-18 lo resero popolarissimo nella versione in italiano, nell'antico dialetto piemontese. Infine, gli Alpini dell'ultima guerra, apportarono qualche variante al testo. Confrontando le versioni primitive con quelle che seguirono, il corpo o il cuore, del Capitano o del Maresciallo, viene diviso in quattro, in cinque, in sei e in sette pezzi. |
Il Comandante la Compagnia
ci manda a dire ai suoi soldà
che
l’è ferito e sta per morire
e
che lo vengano a ritrovà.
I
suoi soldati gli manda a dire
che
no ga scarpe per traversà:
“O
con le scarpe o senza scarpe
i
miei Alpini li voglio qua.
Ecco
fu stato alla mattina
i
suoi soldati era rivà:
“Cosa
comandelo, signor Capitano,
che
i suoi Alpini eccoli qua.”
“E
io comando che il mio cuore
in
cinque pezzi dovete taglià.
Il
primo pezzo al Re d’Italia
che
si ricordi dei suoi soldà.
Secondo
pezzo alla Compagnia
che
si ricordi del suo Capitan.
Terzo
pezzo alla mamma mia
che
si ricordi del suo figlio Alpin.
Quarto
pezzo alla mia bella
che
sono stato il suo primo amor.
Quinto
pezzo alle montagne
che le fiorisca di rose e di fior.”
IL TESTAMENTO DEL CAPITANO altra versione |
Il
capitan de la compagnia
e
l’è ferito, sta per morir
e
‘l manda a dire ai suoi alpini
che
lo vengano a ritrovar.
I
suoi alpini ghe manda a dire
che
non han scarpe per camminar
“O
con le scarpe o senza scarpe
i
miei alpini li voglio qua”
“Cosa
comanda sior capitano
che
noi adesso semo arrivà”.
Ed
io comando che il mio corpo
in cinque pezzi sia taglià:
il
primo pezzo alla mia Patria
secondo
pezzo al Battaglion,
il
terzo pezzo alla mia mamma
che si ricordi del suo figliol.
Il
quarto pezzo alla mia bella
che
si ricordi del suo primo amor
l’ultimo
pezzo alle montagne
che lo fioriscano di rose e fior.
IL TUO FAZZOLETTINO |
Dammi, o bella, il tuo fazzolettino,
vado
alla fonte, lo voglio lavar.
Te
lo lavo con l’acqua e sapone,
ogni
macchietta un bacino d’amor.
Te
lo stendo su un ramo di rose,
il
vento d’amore lo deve asciugar.
Te
lo stiro col ferro a vapore
per
comparire una palma di fior.
Te
lo porto di sabato sera,
di
nascosto di mamma e papà.
IL MAGNANO |
Donne
donne, gh’è chi ‘1 magnano
che
‘1 g’ha voia de lavurà,
e
se gh’avé quaicoss de agiustà
o
donne gh’è ‘1 magnan
che
‘1 g’ha voia de lavurà.
Salta fora una spusota
con
in man ‘na pignatta rotta:
e se me la giustè de galantòmm
mi
si ve baseria
de nascosi del me òmm.
Il marito dietro l’uscio
che
‘1 gh’aveva sentito tutto
l’è saltà foeur col mattarello in man
e
pim e pum e pam
sulla
crapa del magnan.
Il magnano tutto ferito,
non ha mosso neppure un dito;
senza ciamar dutùr nè avucàt
el s’è stagnà la crapa
al
posi dei pignat!
IL VECIO ALPIN… |
Biel Alpin, biel Alpin, di permanént
sul ciapiél, sul ciapiél la plume nère
io
portavi cum bravùre
pei
pais de la frontière
io
portavi cum bravùre
pei
pais de la frontière!…
Mi cialàvin, mi cialavin lis fantàtis
biel
ch’o lévi, biel ch’o levi a fa istrussiòn
io
manciànd cul zaino in spàle
hi
tignivi cussi in bon!…
E
mumò, e mumò dopo tant timp
barbe
grise, barbe grise e fruz in rie
no
mi ciàlin plui pe strade:
mi
calcòlin bon di nie…
Ma co sint, ma co sint une farfàre
sunà
l’ino, sunà l’ino da i Alpins
dutt
il sanc mi boll tes vénis…
mi
par d’jessi sui confins!…
IN CHE SERE… |
In che sere – in che sere i gris ciantàvin
vie
pai pras – vie pai pras del Nadisòn,
lis
acàzis – lis acàzis svintulavin
e
nulivan – e nulivan cussì bon.
In
che sere – in che sere ti ài viodude
a
tornà – a tornà sul ciar dal fen;
di
lontan – di lontan po ti ài sintude…
Tu
ciantàvis – tu ciantàvis cussì ben!…
IN CIMA DEL TONALE… |
In cima del Tonale
ci
metterem la giostra,
diremo
a Cecco Beppe
che
questa è casa nostra.
Bim bum bom
al
rombo del cannon!
In
cima ai Monticelli
c’è
l’ufficio passaporti,
quei
che vi montan vivi
ne
ridiscendon morti.
A
Edolo ai comandi
son
tutti quanti eroi,
van
raccomandando agli altri
quel
che abbiam fatto
noi.
IN LICENZA |
Trenta mesi che faccio il soldato,
’na letterina me vedo arrivà.
Sarà forse la mia morosa
che ho lasciato sul letto ammalà.
A rapporto signor capitano
se in licenza mi vuole mandà.
In licenza ti mandaria
basta
che torni da bravo soldà.
Ce
lo giuro signor capitano
dalla
licenza non torno mai più.
Quando
giunsi vicino al paese
le
campane si sente sonà.
Sarà
forse la mia morosa
che
ho lasciato sul letto ammalà.
Portantina
che porti quel morto,
per
piacere deh fermati qua.
Se
da viva non l’ho mai baciata
or
ch’è morta la voglio bacià.
L’ho
baciata che l’era ancora calda,
la sapeva di rose e di fior.
IN VETTA ALLA MONTAGNA |
In vetta alla montagna
il nostro piè posiam!
Guardando alla campagna
di gioia il canto alziam!
Lontan dall'impostura,
dai vizi di città,
godiam, con l'aria pura,
la vera libertà!
INNO AL TRENTINO |
Si slancian nel cielo le guglie dentate,
discendono
dolci le verdi vallate,
profumano
paschi, biancheggiano olivi,
esultan
le messi, le viti sui clivi,
Puro bianco di cime nevose,
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose!
Dolce festa di vaghi color!
Un
popol tenace produce la terra,
che
indomiti sensi nel cuore rinserra.
Italico
cuore, italica mente;
Italica
lingua qui parla la gente.
Puro bianco di cime nevose,
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose!
Dolce festa di vaghi color!
Custode
fedele di sante memorie,
che
porti nel cuore sconfitte e vittorie.
Impavido
veglia al valico alpino,
o
gemma dell’Alpi, amato Trentino.
Puro bianco di cime nevose,
soave olezzo di vividi fior,
rosseggianti su coste selvose!
Dolce
festa di vaghi color!
INNO DEGLI ALPINI SCIATORI |
Sui lucenti tersi campi
del nevaio sconfinato
sorridenti al nostro fato
noi corriam senza timor.
Noi sappiamo ogni periglio
dell’altezze conquistate
e
tra nembi e nevicate
raddoppiamo
il nostro ardor.
Per
chine ripide vertiginose
cantando
scivola lo skiator;
de’
pini il fremito, l’azzurro cielo
a
lui riempiono di gioia il cor.
Quando
il sol splende radioso
su
per l’erta faticata
o
con luce delicata
a
noi l’astro bianco appar.
Allor
squilla il nostro riso
come
squilla una fanfara
lieto
riso che rischiara
che
de’ forti è una virtù.
Per
chine ripide vertiginose
agile
scivola lo skiator;
nella
purissima brezza montana
ritempra
l’animo, sereno ognor.
Se
un nemico corre all’armi
per
violare il patrio suolo
fiero
vigile lo stuolo
di
noi tutti accorrerà.
Se
morrem morrem da forti
su
nell’alto fra la neve
e
la morte sarà lieve
perché
Italia lo vorrà.
Per chine ripide vertiginose
ardito
scivola lo skiator;
ei
muove impavido verso la meta
e mai non dubita del suo valor.
INNO DEL BATTAGLIONE MORBEGNO |
Morbegno avanti! Savoia!
Dal Montenero va verso il Trentino
per Cividale, Udine e Bassano.
Quello che scorre e vero sangue alpino,
quello che arde è sangue italiano.
Siam del Morbegno il Battaglion più bello.
Siam del Morbegno, le nappine bianche.
Non han mangiato ed il loro passo è snello,
non han dormito, eppure non sono stanchi,
Morbegno, Morbegno, eroico Battaglion
dalle nappine bianche. Avanti! Savoia!
Sulla goletta di Castelgomberto
batte il nemico a colpi di cannone.
Sul fronte nostro che restò scoperto
vola il Morbegno, il fiero Battaglione.
Morbegno avanti al grido di Savoia!
Il Re Soldato da Lysser ti guarda.
Ti sei coperto di immortale gloria
mentre il nemico il fronte tuo bombarda!
Morbegno, Morbegno, eroico Battaglion
dalle nappine bianche. Avanti, Savoia!
Ora il tranquillo e forte valligiano
discende lieto la sua valle verde
e s'ode un canto che vien da lontano
al suo udire ogni dolor si perde,
ha sulla faccia un bel sorriso aperto,
sulla sua fronte che non è mai stanca
brilla un piacere che non è incerto,
d'aver sul capo una nappina bianca!
Morbegno, Morbegno, eroico Battaglion
dalle nappine bianche. Avanti! Savoia!
INNO DEL BATTAGLIONE SUSA |
Dal formidabil colle
della gloriosa Assietta
risuona il nostro passo
fino all’opposta vetta,
e dal torrente al bosco
echeggia la canzone:
siam della vecchia Susa
il forte battaglione.
Rida nei cieli il sole
o
la bufera scenda,
con
incrollabil polso
salda
piantiam la tenda
mentre,
dell’Alpin in vista,
sventola
la bandiera
dell’alma
terra nostra
nei
tre colori altera.
Talor l'aspra fatica
piega la nostra fronte
mentre affrettiam sul dorso
del dirupato monte;
ma tosto ci rinfranca
lo squillo di fanfara,
come la nota voce
d'una
persona cara.
Or che la bianca pace
guarda l'Italia intorno,
al focolar natio
lieti farem ritorno,
ma sempre avremo in petto
le lunghe veglie d'armi,
pronti all'appello ognora
d'un
repentino allarmi.
Ove all'Alpi al varco
miri il nemico assalto,
alla comun difesa
accorrerem d'un salto,
e se di Patria il grido
l'estremo fato invita
nel fremito dell'ora
darem la nostra vita.
INNO DEL 10° REGGIMENTO ALPINI |
Noi siam del monte
il
fiero popolo,
siam
l’incrollabile
tenacia
italica.
Quadrato il passo,
quadrati gli animi:
voler più indomito
del duro masso.
Per
l’erto monte
saliam
impavidi:
vediam
rifulgere
la
meta prossima:
rechiamo, incise
nel saldo fronte,
le dure impronte
d’una maschia volontà.
Nel
manto suo d’argento
scintilla
la pineta,
accende
l’alte cime
il
sol coi raggi d’or;
là, sul confin redento,
guardia al Littorio simbolo
stanno, a sfidar l’evento,
l’armi nostre, e l’indomito cuor.
Dall’Alpe
Giulia a Trento
il
tricolore ondeggia;
e
la canzon del vento – lassù –
è
una canzon Sabauda.
Guardia al confin redento
stiamo, falange impavida:
ogni italiano sa,
che mai nemico passerà
dove il figlio dell’Alpe sta!
La
stirpe nostra
è
stirpe d’aquile:
tra
nevi candide,
su
l’erte cuspidi,
là dov’è solo
silenzio gelido,
ci segue d’aquile
un lento volo.
Ma
il chiuso volto
a
noi s’illumina,
se
giù, tra i larici,
vediam
sorridere
la baita grigia,
dove ci aspettan
e mamma e sposa
presso un queto focolar.
Nel
manto suo d’argento
scintilla
la pineta,
accende
l’alte cime
il
sol coi raggi d’or;
là sul confin redento,
guardia al Littorio simbolo
stanno, a sfidar l’evento,
l’armi nostre, e l’indomito cuor.
Dall’Alpe
Giulia a Trento
il
Tricolore ondeggia;
e
la canzon del vento – lassù –
è
una canzon Sabauda.
Guardia al confin redento
stiamo, falanfe impavida:
ogni italiano sa,
che mai il nemico passerà
dove il figlio dell’Alpe sta!
INNO DEL 52° ALPINI |
Noi vi raggiungeremo
sulle Alpi belle
dietro il Leone d'Italia.
Con la cravatta rossa ardente al cuor
non ebbe mai confronto il suo valor.
E di cimento vinse ogni battaglia
fu il grande simbolo di gloria.
Di generosa italica virtude,
luce di grande vittoria.
CANTIAM FRATELLI I FASTI
LE FULGIDE MEMORIE
I MARTIRI E LE GLORIE
DEI CACCIATORI ALPIN.
IL FANTE CACCIATORE
PORTA IN MEZZO AL CUORE
LA FIAMMA TRICOLORE
D'ITALIA E DELLA FE'.
E vinse a San Fermo,
a Brescia e al Monte Grappa,
sul Col di Lana e al Piave.
In Francia fu sgomento lo stranier
che ammirò l’intrepido guerrier.
Ma nella prova nuova che l'attende,
per il grande Cacciator d'Italia,
sempre gloria sua storica virtude,
ogni or al grido di vittoria.
CANTIAM FRATELLI I FASTI
LE FULGIDE MEMORIE
I MARTIRI E LE GLORIE
DEI CACCIATORI ALPIN.
IL FANTE CACCIATORE
PORTA IN MEZZO AL CUORE
LA FIAMMA TRICOLORE
D'ITALIA E DELLA FE'.
OBBEDISCO!
INNO DEL GRUPPO BELLUNO |
Sotto la brezza del mattino
freme
la nostra penna nera
che
noi portiamo per bandiera
su
per le rocce ed i nevai.
Siamo
del Gruppo Belluno
baldi
noi siamo montagnini
e
della Patria sui confini
per
la pace e la libertà
vegliam…
Italia, Italia
credi
nel nostro onore
a
questi tuoi figli
non
mancherà l’ardore.
Dalle
più impervie crode
tuona
il nostro cannone
risuona
la canzone
che
il vento porta
per
valli lontan
e
narra il valore
dei
tuoi montagnin.
Pesa
lo zaino affardellato
infuria
intorno la bufera
ma
abbiamo in cuor la primavera
la
fiamma della gioventù.
Siamo
del Gruppo Belluno
che
alla tormenta non cede
e
non vacillerà la fede
che
la penna dell’aquila
ci dà…
INNO "LO GIURIAMO" DEL 9° C.A.R. |
Dalle Alpi alle sicule sponde
dal Tirreno all'adriatica riva
vola il grido che fede ci infonde
e l'amor per la Patria ravviva.
Per la terra baciata dal sole
fecondata dal sangue dei morti
lo giuriamo di front all'altare
con la fe' che ci rende sì forti.
Va lontana la nostra promessa
e sorvola le Alpi e le onde,
non vogliam che con voce sommessa
questo grido oltrepassi le sponde.
Stretti intorno alla nostra Bandiera
tutti uniti in un solo destino
noi giuriamo d'amarla e sia fiera
perché il sangue che abbiamo è latino.
Il ricordo dei nostri Caduti
c'è di sprone pel nostro cammino
non son morti perché son caduti
e sì grandi li rese il desino.
Lo giuriamo o Italia adorata per quel sole che luce t'infonde;
tu sei l'unica meta agognata,
non c'è suol che con te si confonde.
Per l'Italia lo giuriamo.
Per l'Italia lo giuriam.
IO VORREI RIVEDER LE MONTAGNE |
Io vorrei riveder le montagne
il
Rifugio che sta lassù
la
mia vetta e il lago blù.
Una
nube è scesa giù
io
la vetta non vedo più.
Addio o mie montagne.